REPORTAGE: Abbiamo visitato la mostra attualmente allestita in una delle sale di Palazzo Madama a Torino, tra tesori di Stradivari, Guarneri del Gesù e altri mostri sacri della liuteria italiana del ‘700 e ‘800.
(Una visione d’insieme della sala con gli strumenti in esposizione - Photo: Emmanuele Macaluso - Copyright Opificio della Musica)
Dal 19 settembre al 23 novembre 2025, è allestita a Torino, presso la sala espositiva del piano terra di Palazzo Madama, la mostra “Il Conte Cozio e il mito di Stradivari – Capolavori in Piemonte del ‘700 e ‘800”.
La mostra mette insieme alcuni pezzi pregiati di Ignazio Alessandro Cozio, conte di Salabue (Casale Monferrato 1755 - Salabue 1840), nobile piemontese appassionato di musica, che ha raccolto strumenti ad arco, sparititi e cimeli del 1700/1800 di assoluto valore, diventandone uno dei massimi collezionisti dei quali abbiamo notizia.
L’allestimento è ben curato, con un’ottima gestione dell’illuminazione e degli spazi. Gli strumenti (violini, viole, mandolini e chitarre) sono stati appesi all’interno di teche che permettono di poter indagare i pezzi anche nel retro, mettendo a disposizione del visitatore i segni di usura degli strumenti che, a contatto con i musicisti, hanno impresso nell’aria il loro splendido suono.
I pezzi in visione sono capolavori assoluti costruiti da liutai del calibro di Antonio Stradivari, Nicola Amati, Giuseppe Guarneri del Gesù e Giovanni Battista Guadagnini.
A completare l’esposizione alcuni documenti, testi e spartiti che hanno accompagnato il conte nella sua lunga vita punteggiata dalla passione per la musica.
(Un’altra visione d’insieme della sala con gli strumenti in esposizione - Photo: Emmanuele Macaluso - Copyright Opificio della Musica)
Consigliamo di visitare la mostra, sottolineando che avrebbe meritato una maggiore esposizione mediatica e che (purtroppo), arrivata ben oltre la metà del suo periodo di esposizione, non vede ancora un catalogo a disposizione dei visitatori. Catalogo che può essere prenotato, ma che avrebbe dovuto riempire gli scaffali del bookshop fin dall’inizio.
Un’ultima
considerazione:
Non possiamo non chiederci quanto (e come) questo evento culturale sarebbe stato pubblicizzato - e reso maggiormente fruibile dai tanti appassionati di musica - al di fuori delle mura cittadine. La sensazione è che rimanga sempre quell’antico pensiero tipicamente sabaudo, secondo cui – se un evento viene “comunicato” bene – rischia di diventare troppo “commerciale”. Orrore!
Emmanuele
Macaluso

